I miei piccoli dispiaceri – Miriam Toews // Recensione

Avevo letto, quest’estate, un articolo su Cosmopolitan che parlava de I miei piccoli dispiaceri dicendo “Cosa farebbero l’una per l’altra due sorelle che si vogliono bene? Tutto”.

Questo libro è nella terzina finalista al Premio Sinbad (lo “Strega” degli editori indipendenti) e, leggendolo, se ne capisce benissimo il perché.

Grazie Marcos y Marcos per aver portato in Italia questa meraviglia.
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  • Titolo: I miei piccoli dispiaceri (Titolo originale: All my puny sorrows)
  • Autore: Miriam Toews
  • Casa editrice: Marcos y Marcos
  • Data Pubblicazione: 9/04/2015
  • Numero di pagine: 368
  • Codice EAN: 9788871687131
  • Prezzo: 18,00 €

Trama:

Elf è sempre stata la più bella.
Ha stile, idee geniali, ti fa morir dal ridere; le capitali del mondo la ricoprono allegramente di dollari per farle suonare il pianoforte e gli uomini si innamorano perdutamente di lei.
Yoli è la sorella squinternata. Ha messo al mondo figli con padri diversi, ha un amante avvocato, se si rompe la macchina fa sesso con il meccanico, ha il conto sempre in rosso e una carriera mancata.
E cos’è adesso questa storia che Elf vuole morire? Proprio in questo momento, poi, a due settimane da un’importantissima tournée.
“Elfie, ma ti rendi conto di quanto mi mancheresti?” Quali sono le cose giuste da dire per salvare una vita? Yoli la prende in giro, la consola, la sgrida, aggredisce lo psichiatra dell’ospedale, cammina lungo il fiume tumultuoso del disgelo, non sa più che pesci pigliare.
Cospira con la madre, con zia Tina, con il tenero marito scienziato di Elf, con Claudio, il suo agente italiano, e tra cene alcoliche, sms di figli ed ex mariti, sorrisi e ultime frontiere del pianto, lottano tutti per convincere Elf a restare. E in questo lungo duello di parole, carezze, umorismo nero si celebra la grazia e l’energia che occorrono per accettare il dono fragile della vita.

Scritto per dare forma a un dolore vero, I miei piccoli dispiaceri è un’esplosione di intelligenza, comicità e calore: Miriam Toews è una scrittrice grandissima, e in questo romanzo ha messo tutta la testa, l’anima e il cuore.


Elf e Yoli sono nate in un villaggio mennonita. Devo confessare che non mi era familiare il termine, prima di leggere questo libro, ed ho dovuto andare a cercare il significato e gli stili di vita di queste persone per poter comprendere profondamente le azioni di tutti i protagonisti del libro.

Per questi uomini, una ragazza con un libro in mano era il nemico pubblico numero uno.

Questa storia è veramente assurda nel modo di scrivere e nelle cose scritte. Talmente strano da essere geniale.
Sin dalla prima pagina capisci che queste due sorelle in realtà sono normali, pensano quello che il mondo pensa ogni giorno, ma il fatto che esprimano certe emozioni è considerato particolare.
Nessuno o quasi, nel mondo di oggi, è abituato a esprimere le proprie opinioni ed emozioni in modo schietto e sincero.
Ho provato quasi una punta di invidia nelle loro capacità di esprimersi, nella forza e nel coraggio di Yoli e nella debolezza di Elf.

Elf mi aveva spiegato che lei era esattamente come quel tizio di cui aveva letto sul giornale, un tizio cieco dalla nascita che a quarant’anni e rotti aveva subìto un’operazione alla cornea e tutt’a un tratto era stato in grado di vedere, e nonostante gli avessero detto che la vita gli sarebbe parsa favolosa, dopo l’operazione era stato un incubo. Il mondo lo deprimeva, con le sue falle, le sue falsità, il marciume e la tetraggine e la tristezza, tutto l’orrore ora manifesto, tutto così scialbo e decrepito. L’uomo era precipitato nella depressione e morto in breve tempo. Sono io! disse Elf. Le ricordai che la vista lei ce l’aveva, lei ci vedeva, ci aveva sempre visto, ma lei mi disse che non si era mai abituata alla luce, semplicemente non aveva mai sviluppato una tolleranza al mondo, la vaccinazione non aveva attecchito. La realtà era tagliola arrugginita. Senti, dissi, allora smetti di ripetere ‘amore’ all’infinito, ok? Smettila una buona volta. Ma Yoli, non capisci, disse lei. Non puoi capire. Il che non era vero, non del tutto. Quello che capisco è che se ripeti continuamente una certa parola e la cosa ti fa star male allora accidenti, devi smettere di dirla. Perché insistiamo con queste conversazioni esasperanti? le chiedevo. Non sono conversazioni! diceva lei. Svisceriamo le cose. Le svisceriamo.

E parliamo della madre di queste due ragazze? Che personaggio. Perde alcune persone nel corso della storia ma rimane sempre lì, come un pilastro, a raccogliere i cocci degli altri e di se stessa.

Almeno abbiamo la rabbia e con quella costruiremo imperi, signori.
Questo libro ve lo consiglio con tutta me stessa: è spettacolare.
Il mio voto è 10, e non si discute.

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