Trama
Seymour Levov è alto, biondo e atletico. Malgrado sia di origine ebraica al liceo lo chiamano “lo Svedese”. Negli anni ’50 sposa miss New Jersey, avviandosi ad una vita di lavoro nella fabbrica del padre. Nella sua splendida villa cresce Merry, la figlia cagionevole e balbuziente. Finché arriva il giorno in cui le contraddizioni del paese raggiungono la soglia del suo rifugio, devastandola. La guerra del Vietnam è al culmine. Merry sta terminando la scuola e ha l’obiettivo di “portare la guerra in casa”. Letteralmente.
Recensione
Questo è uno di quei rari casi in cui ho visto il film prima di vedere il libro, ma vi assicuro che le mie sensazioni non sono state affatto rovinate.
La lettura di “Pastorale americana” mi ha davvero appassionata, soprattutto nei primi 2/3 del libro – vi anticipo già che l’adattamento cinematografico è molto fedele al romanzo -, e trovo che quello della famiglia Levov sia davvero un caso interessante.
La storia dei Levov ci viene raccontata da un narratore esterno alla famiglia, che ha sempre venerato il capofamiglia, lo Svedese, sin da quando era ragazzo. Quando conosciamo Dawn e Merry siamo totalmente ammaliati dalla compattezza di questo nucleo famigliare che si ama incondizionatamente. Eppure col tempo le cose cambiano, soprattutto perché Merry è uno spirito desideroso di ribellione e non potrà essere fermata in nessun modo.
Conosciamo il loro presente e il loro passato attraverso intrecci narrativi molto interessanti, ma soprattutto conosciamo le loro emozioni più profonde.
Mi è piaciuto moltissimo lo stile di scrittura di Philip Roth che non mi ha mai annoiata, ma ripeto che ho preferito I primi 2/3 del romanzo, mentre ho trovato troppo prolissa l’ultima parte.
Vi consiglio fortemente di dare anche una possibilità al film, che è fatto molto bene.